La conferenza stampa che si è tenuta in occasione dell’anteprima nazionale di Tolo Tolo di Checco Zalone a Roma è stato il momento propizio per l’attore e (per la prima volta) regista di poter rispondere con la dovuta calma alla grande polemica che ha investito il trailer dell’opera.
Senza volervi assolutamente anticipare nulla del nuovo titolo dell’amatissimo Luca Medici – che sarà in tutte le sale d’Italia a partire dal 1 gennaio – vogliamo però condividere con voi il pensiero di Checco: Tolo Tolo non è un film politico, ma poetico, non parla di Salvini, parla dell’Italia e dell’essere umano. E lo fa con lo stile ironico e scanzonato a cui il comico ci ha abituato con Cado dalle Nubi e Quo Vado. Eppure la visione, a nostro parere, non è per tutti.
La recensione di Tolo Tolo di Checco Zalone (senza spoiler)
La premessa: Zalone Francesco, per gli amici Checco, è un giovane sognatore italiano che non ha voluto fare come i suoi amici, espatriati in cerca di un futuro migliore altrove. Lui no, è rimasto nel suo paesino d’origine e ha creato un lussuoso locale di tendenza che unisce la tradizione secolare pugliese al sushi. Risultato? Un fiasco colossale, debiti e pignoramenti non solo per lui, ma per tutta la sua famiglia. Cosa farà a quel punto l’irriverente protagonista?
È da qui che lo scenario cambia, e dalla Puglia nativa ci spostiamo in Africa, dai lussuosi resort per ricchi europei ai mercati popolari con bancarelle di vestiti contraffatti per finire a villaggi saccheggiati da guerriglie militari e barconi – sì, gli stessi barconi di migranti che si trovano in balia dei mari internazionali ogni giorno, rappresentati con una dose di realismo che fa da contrappunto ad una certa ‘poetizzazione’ di questi viaggi.
Le avventure/disavventure del protagonista si evolvono in un crescendo di gravità e consapevolezza, coinvolgendo di volta in volta altri personaggi – primo tra tutti Oumar (interpretato dal bravissimo Souleymane Sylla), la bella Manda Touré (che nel film si chiama Idjaba) ed il piccolo Nassor Said Berya (Dudù) – che scalfiscono pian piano le idee e le attitudini da “bianco” e “italiano medio”.
Tra le guest star di Tolo Tolo di Checco Zalone troviamo inoltre Barbara Bouchet e Niky Vendola, che ha dichiarato di essersi divertito moltissimo a fare un cameo in un film “così bello e che fa sorridere di gusto”, non ridere.
Un umorismo che viaggia ‘borderline’ sui confini del politicamente corretto
È proprio questa, probabilmente, la definizione da cui partire per prepararsi alla visione di questo film: non gag, non battute esilaranti, ma molti momenti in cui si sorride. Un umorismo che va dentro e fuori i confini del politically correct, che sembra prendere di mira quello o quell’altro politico, ma che non affonda mai il coltello fino in fondo, lasciando una certa libertà di ricezione e godimento degli spunti comici.
La rappresentazione dello straniero in Tolo Tolo
Lo straniero, l’immigrato, viene rappresentato nel pezzo di storia con cui l’Italia è abituato a familiarizzare: gli abiti colorati, le usanze ‘esotiche’/altre, la povertà, il mito dell’Europa come paese ricco e civile, e infine la commovente speranza di un futuro migliore al di là del mare. L’ironia del protagonista accompagna lo spettatore invitandolo a sdrammatizzare, in perfetta linea con l’artista Luca Medici: tanto per dirne una, in occasione dei ringraziamenti al giovanissimo attore co-protagonista (Nassor Said, di 12 anni, proveniente da una località remota del Kenya), l’attore ha infatti scherzato con lui e col pubblico: “Quando abbiamo finito le riprese gli ho regalato una Playstation… ma nel suo villaggio non hanno manco la corrente!”.
Con questo approccio scanzonato si inizia e finisce il film. Cosa si guadagna, cosa evolve, cosa c’è per lo spettatore? Quello che Zalone e Virzì hanno voluto dare allo spettatore: la magia dell’intrattenimento, una storia quasi fiabesca e, stavolta sicuramente più degli altri film, qualche motivo in più per portare il pubblico sia in sala – come i produttori si augurano, visto i titoli da record di Zalone – sia a parlare fuori dai cinema. In che termini lo vedremo dopo il 1 gennaio!
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