L’amica geniale, Saverio Costanzo rivela: “Lavorare con Elena Ferrante è come parlare con un fantasma”

Il regista racconta retroscena e dietro le quinte della serie che ha conquistato anche gli Stati Uniti

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set di napoli

Dopo il successo ottenuto in Italia su Rai 1, L’amica geniale strappa applausi anche negli Stati Uniti. Storia del nuovo cognome, la seconda stagione della serie che ha portato sullo schermo i romanzi di Elena Ferrante, è andato in onda su HBO conquistando il pubblico e la critica. Il regista e sceneggiatore Saverio Costanzo ha raccontato il dietro le quinte del progetto in una recente intervista a Indie Wire, nella quale emergono alcuni curiosi particolari legati alla realizzazione dello show.

Saverio Costanzo, L’amica geniale e Elena Ferrante

Costanzo rivela che il suo rapporto con la Ferrante è iniziato nel lontano 2007, quando ha letto il romanzo La figlia oscura.

Quel racconto – la storia di una insegnante divorziata da tempo, che si sente come liberata quando le due figlie raggiungono il padre in Canada e ripercorre la propria storia di donna e di madre – gli resta appiccicato addosso.

Il regista pensa di trarne un film, così manda un’email alla casa editrice E/O. A sorpresa, gli risponde proprio la Ferrante: se Costanzo riuscirà a tirare fuori una sceneggiatura nell’arco di sei mesi, la scrittrice cederà gratuitamente i diritti.

L’impresa non riesce. Costanzo è sovrastato dalla struttura del libro, ricca di flashback ed intrecci tra passato e presente. Ora la palla è passata a Maggie Gyllenhaal, che sta tentando l’adattamento.

Otto anni dopo, Costanzo riceve un messaggio da Edizioni E/O: Wildside e Fandango stanno lavorando con Rai Fiction e HBO a L’amica geniale e Elena Ferrante ha fatto il suo nome per la regia. Inizia così il suo rapporto con la scrittrice napoletana.

Costanzo dirige 14 dei 16 episodi delle due stagioni (ed è pronto alla terza, appena confermata), lasciandone due (quelli chiave dell’estate a Ischia) ad Alice Rohrwacher, sorella di Alba (voce narrante e anima di Lenù) e compagna del regista.

“Lavorare con Elena Ferrante – racconta Costanzo a Indie Wire – è come parlare con un fantasma. Non so chi sia, non è leale come relazione. Lei può vederti, ma tu non puoi vedere lei. È come lavorare con una presenza che è sempre al tuo fianco ma resta invisibile”.

L’autrice si “espone” soltanto tramite l’editore: collabora alla stesura delle sceneggiature e fornisce dritte e consigli. Un “rapporto impari” ma improntato sulla correttezza e il rispetto del lavoro altrui.

Costanzo ha chiesto la sua consulenza diretta soltanto in un caso: quando c’erano da scegliere le bambole di Lila e Lenù nella primo episodio. In quel caso, la Ferrante è intervenuta prima delle riprese: gli scenografi avevano proposto quattro modelli diversi e il regista le ha chiesto di indicare il più fedele a ciò che immaginava per le bambine.

Saverio Costanzo sul set della serie L'amica geniale
Saverio Costanzo sul set della serie (foto: Facebook @MyBrilliantFriend)

L’amica geniale 2 corre come Lila e Lenù

Nel corso dell’intervista, Costanzo spiega che nella seconda stagione si è allontanato dall’approccio neorealista della prima e ha immerso le due giovani protagoniste sullo sfondo di un’Italia che corre e cambia in fretta: quella del boom economico.

“Ho pensato spesso al dinamismo del secondo libro – ammette il regista – nel quale Lila e Lenù cominciano a correre, proprio come il nostro Paese. Mi sono immaginato come Jean-Luc Godard, François Truffaut ed Eric Rohmer, registi che alla Cinémathèque di Parigi vogliono ammazzare i loro padri. E i loro padri sono i registi del Neorealismo italiano”.

La volontà di rompere con la tradizione, di realizzare un prodotto “libero e anarchico” nel solco della Nouvelle vague, arriva a girare un intero episodio in 16mm e il resto della stagione con una ALEXA con lente anamorfica curata da Vittorio Storaro.

Sulla dibattuta questione dell’identità dell’autrice, il regista non sembra avere dubbi: per lui Elena Ferrante è una donna. “L’amica geniale – spiega il regista – non è una storia che avrei mai potuto scrivere con il mio vissuto e il mio sentito. Tuttavia non credo che in quanto uomo mi sia preclusa la possibilità di dirigerla. Il mio adattamento racconta il mio punto di vista, quello che mi ha trasmesso la storia così come immaginata da Ferrante”.

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