Marco Giallini sulla moglie: “Sono in lockdown da quando è morta”

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marco giallini sulla moglie

Veramente toccanti le parole di Marco Giallini sulla moglie Loredana, scomparsa ormai quasi dieci anni fa, in occasione di un’intimissima chiacchierata con Il Corriere della Sera. Il celebre attore di Acab, Perfetti Sconosciuti e Tutta Colpa di Freud ha confessato la sua personalissima e dolora elaborazione del lutto a partire proprio da questo periodo post-pandemico: “Alla fine, io sto in lockdown da quando è morta mia moglie Loredana.Il pensiero che lei rientri a casa da un momento all’altro dura due anni, poi, capisci che morire è prassi. Non a 40 anni. Non fra le mie braccia, mentre prendiamo le valigie per le vacanze.

Le toccanti parole di Marco Giallini sulla moglie

Era per lei, per Loredana che si era spostato nella periferia romana di Tor Lupara, si erano trasferiti insieme in 40mq, lui aveva cominciato a fare l’imbianchino in contemporanea alla scola di teatro e alla facoltà di Lettere. Voleva diventare popolare, e la moglie ha assistito all’inizio di quello che sarebbe stata la realizzazione del suo sogno: “Sul primo contratto, legge la “rata film”, la prima di dieci, ma pensava fosse tutto lì. Dice: solo questo? E io: no, devi mettere un altro zero. Le vennero le lacrime. Bello o no?“.

Purtroppo, però, l’apice della sua carriera lo ha raggiunto lontano da lei. Ma più che i ricordi sono i pensieri di Marco Giallini sulla moglie che è come se non fossero mai cambiati, neanche dopo la sua scomparsa: “Con lei ci parlo ancora. Quando sto solo e qualcosa non va. Dico: ‘Eh amore mio…’ Se mi sono più innamorato? Ma di chi? Ma perché? Innamorato ero di mia moglie. Per 27 anni, non ci siamo mai lasciati e non abbiamo mai litigato. Lei era la donna mia e io il suo uomo. Nel mondo, quante ce ne possono stare di persone per te? Una.”

La difficoltà di interpretare un ruolo così simile alla sua personalità

In questa faticosa chiacchierata viene fuori ancora una volta il naturale paragone con uno dei suoi recenti personaggi del piccolo schermo, Rocco Schiavone: «Fatico a farlo perché è il personaggio che più si avvicina a me, per carattere, retaggio, per la nota vicissitudine. La gente crede che più somigli e più è semplice, ma è il contrario: i migliori elogi li ho presi facendo il borghese. Mi sono piaciuto, in Io sono tempesta, quando al centro poveri dico a Elio Germano “se vuoi otto euro fatteli dare dal mio autista, c’è una Maserati qui fuori”. E lui : di che colore? E io lo guardo come a dire: ma quante Maserati vuoi che ci stanno fuori al centro poveri?».