Bufera sullo spot di Muccino sulla Calabria: “Volgare e superficiale”

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muccino sulla calabria

Non è neanche stato diffuso lo spot di Gabriele Muccino sulla Calabria che subito sono volate critiche tremende: “Volgare, caricaturale, provinciale” “Ancora l’Italia da Padrino?”. Se vi è capitato di vederlo, sicuramente avete potuto notare, negli otto minuti di narrazione visiva, la bella coppia formata da un quasi irriconoscibile Raoul Bova e la sua bella Rocio al suo fianco.

Il cortometraggio di Gabriele Muccino sulla Calabria fa storcere il naso a critici e utenti: ecco perché

Si chiama ‘Calabria terra mia’ ed è stato proiettato per la prima volta alla Festa di Roma: costato un milione e 600mila euro e commissionato dalla giunta Santelli, il cortometraggio è salito subito agli onori di critica, più che cronaca, in primis da parte dei calabresi. La rappresentazione della loro terra riassunta in bergamotto, clementine e fichi non ha costituito, per loro, un vero ritratto valorizzante.

Gioacchino Criaco, scrittore originario di Africo autore di ‘Anime Nere’ ha dichiarato:, “Muccino può piacere o no è certamente uno che di cinema ne capisce, ma il suo cortometraggio è di una pochezza assoluta che non ti aspetti”. Addirittura lo definisce ‘incommentabile’, esattamente il contrario di quello che Jole Santelli voleva ottenere”.

A lui accoda il collega romanziere Santo Gioffrè: “È volgare perché trasmette l’idea di una colonia sottomessa alla madrepatria. Le atmosfere sono da Padrino, sembra ambientato negli anni Cinquanta. Ne risulta sminuito ogni senso comune. Di Muccino, da servi, hanno comprato solo il nome e lui, da leghista ante litteram, ci ha trattati da coloni (…) Mi è venuto in mente il caso di ‘Infrastrutture lombarde’ chiamate a costruire gli ospedali in Calabria”.

Il punto di vista cinematografico di Muccino sulla Calabria non è piaciuto al docente e storico Ulderico Nisticò, che lo definisce così: “Un milione 600.000 euro significa averlo pagato 200.000 euro al minuto. Mi sembra un po’ caro per un prodotto pessimo, in cui si vedono due piccioncini (Raoul Bova e la sua compagna Rocho Munoz Morales ,n.d.r.) mangiare un bergamotto e un’arancia. Nessun cibo caratteristico calabrese, nessun vino, nessun riferimento ai luoghi della storia calabrese, ai suoi siti archeologici, a Tommaso Campanella. Tutto – osserva – si svolge davanti a un tratto di mare selvaggio, anonimo, sovrapponbile a qualsiasi altro posto del mondo. Domani potrebbero venderlo alla Croazia, alla Scozia, alla Danimarca”.

La risposta del regista alle critiche: “Non potevo fare Piero Angela”

Ma qual è la posizione del regista in merito a queste critiche feroci? : “Se intrattieni ed emozioni riesci anche a creare il desiderio di venire a conoscere ed esplorare questa terra – risponde Muccino – La finalità ultima per me, secondo il mandato di Jole, era quella di far venire voglia di conoscere la Calabria. Io ho fatto questo lavoro pensando agli occhi internazionali e anche degli italiani che ne devono ricavare un immaginario filmico, cinematografico che deve trasmettere un’emozione. È un cortometraggio non potevo far vedere di più. Un corto richiede sei giorni di lavorazione e dura otto minuti. Questi son i tempi. In otto minuti o faccio l’Alberto Angela, e non è il caso, o racconto un’emozione cinematografica, ed è quello che ho fatto. Credo di averlo fatto bene, facendo conoscere qualcosa di più”.

Che dire: a voi l’ardua sentenza!

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