La lettera di Valerio Mastrandrea a Mattia Torre un anno dopo la morte

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valerio mastrandea a mattia torre

È passato solo un anno dalla scomparsa del celebre autore televisivo (tra le sue apprezzatissime opere, ricordiamo il recente ‘La Linea Verticale’ e ‘Figli‘), ed ecco un commovente e affettuoso messaggio di Valerio Mastrandrea a Mattia Torre, amico compianto e mai dimenticato.

Le parole di Valerio Mastrandrea a Mattia Torre sono un vero e proprio diario per aggiornare un amico lontano

Amico mio – inizia il celebre attore romano- Certo di farti cosa gradita mi appresto ad un piccolo rendiconto di fatti e notizie a cui non hai avuto accesso in questo ultimo anno. Non mi concedo di chiederti come stai conoscendo l’agnostico affermare, rapido e violento che sostituirebbe la semplice risposta.“Nel pieno dello stile sarcastico dell’interprete di Fai Bei Sogni, si scusa per il tempismo – “Mi perdonerai anche il tristo coincidere tra questa mia e la data della tua partenza ma che vuoi, l’uomo vale anche per le sue piccole debolezze una tra tutte, la mia, questa, con cui cerco un lessico che non esiste per sopportare il tempo che più non condividiamo io e te. […]

Sono certo che avresti utilizzato il 2020, nella sua originale numerica scansione, come anatema durante lite al semaforo, aggettivo per un funzionario della tv pubblica o sostantivo adatto a partita di tennis su cui avevi altissime aspettative – scrive Valerio Mastrandrea a Mattia Torre, iniziando a ‘narrare’ gli avvenimenti di quest’anno a partire proprio dall’inizio del 2020 – Si era incominciato con un’azione militare Americana di cui avremmo detto come si dice di una mossa azzardatissima in un Risiko di basso livello quando l’obbiettivo è distruggere le armate del tuo stesso colore. Eppure sento che dopo il reciproco sbigottimento a cui saremmo andati incontro con relativa preoccupazione per le sorti dei nostri eredi avresti offerto un aneddoto di situazione analoga nella Tuscia antica che mi avrebbe pacificato in un istante.

Successivamente, parte la difficile narrazione del lockdown: “L’aria che tirava era aria da barriera, quando ti copri palle e volto e la botta tarda tanto ad arrivare. E la cosa buffa è che il tiro da vicino non è arrivato mai. Ma il mondo in barriera è rimasto, a coprirsi solo il volto e a respirare meno. Non so come l’avremmo condivisa questa immobile posizione aspettando la pallonata senza sapere da dove sarebbe arrivata. Forse partendo dalla paura del non capire per giungere all’elogio della viltà o forse dal disprezzo per quest’ultima e da un’insana voglia di tornare a votare.”

So che avrei atteso il tuo personalissimo appuntamento delle 18 in cui avresti tradotto in poche ed estremiste parole, forse due, il dolore per i numeri, lo sconcerto per le storie di persone che se ne vanno da sole e la fatica di dover un giorno fare i conti con tutto questo. Perché la tua idea di futuro oltre che relativa alla domanda “dove si cena domani” è sempre stata mobile, rapida e inarrivabile per tutti. Tu il futuro dovevi sempre fermarti ad aspettarlo. Tu e la tua fretta di andare di fretta. Nei mesi di barriera avremmo misurato il polso all’ansia cercando il battito perché da lei saremmo stati finalmente salvi. L’avremmo sepolta a suon di sms in favore di una paura, unica, sola, di tutti.”

Andrà tutto bene alla fine lo hanno detto tutti. Chissà come avresti preso lo scippo della tua frase cavallo di battaglia da parte del paese. Sto naufragando nel rimpianto, non era mia intenzione. Vado fiero della mia fragilità ma non fino a questo punto. Ero qui per portarti a conoscenza di quello che è successo mentre eri via. Per dirti quante cose incredibili sarebbero potute essere credibili se parlate insieme. Ero qui ma forse non ci sono più. Almeno come avrei voluto esserci. Sobrio, lucido e alla ricerca di un barlume di verità. Su quello che accade e sul perché non ci sei.

E così conclude la tenera lettera dell’attore/regista all’amico artista: “Ho voluto solo provare a vedere se riuscivo a far apparire tutto quello che mi è mancato per un anno. E no, non ci sono riuscito e lo dimostra anche il ritorno ad un lessico normale, inutile provare a resistere. Amico mio lontano, vorrei tanto che questo fosse il primo appuntamento per un aggiornarti e un aggiornarmi rigoroso e puntuale ma sappiamo entrambi che non lo sarà. Sono molto fiducioso però sul fatto che nel resto della mia vita io e te troveremo il modo di dirci le milioni di cose che avremmo da dire, nell’unico modo possibile. Il tuo. Daje. Daje tutti

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