Dopo l’intesa settimana di Sanremo 2022, la prima serata Rai ha accolto a braccia aperte il ritorno dell’Amica Geniale 3, la serie TV di fama internazionale tratta dalla strepitosa saga di libri di Elena Ferrante.
Per chi ha amato i libri e/o le prime due stagioni, questa terza era davvero attesissima: ambientata negli anni ’70, ‘Storia di chi fugge e chi resta’ riprende da dove l’ultima puntata ci aveva lasciato col fiato sospeso: Lila, prigioniera di un matrimonio violento e infelice, dopo essersi rifugiata tra le braccia di Nino Sarratore e, in seguito, aver scoperto di essere incinta, alla fine non può più restare al rione, e fugge via insieme al fedelissimo amico – da sempre innamorato di lei, Enzo Scanno.
Per Lenuccia invece la vita è diversa: lei va all’università, raggiunge le sue prime soddisfazioni lavorative con un romanzo esordiente, viaggia tra le librerie, sta per sposarsi con un professore di buona famiglia.
Ma le due storie ‘diametralmente opposte’ di Lila e Lenù stanno per re-incontrarsi.
Cosa abbiamo amato delle prime due puntate de L’Amica Geniale 3
‘Sconcezze’ e ‘La Febbre’, questi i nomi dei primi due episodio de l’Amica Geniale 3 andati in onda domenica 6 febbraio su Rai Uno (ma disponibili già in anteprima da qualche giorno su RaiPlay) che hanno tenuto incollati allo schermo circa 4.650.000 spettatori (pari al 20.6%), un risultato che può sembrare ‘timido’, ma che ha tenuto testa egregiamente ad un altro momento televisivo seguitissimo dell’emittente nazionale: l’intervista di Fazio a Papa Francesco ( 25% di share).
Al di là dei dati Auditel (a cui vanno sommati quelli che l’hanno già vista o la vedranno su RaiPlay), la nuova stagione dell’Amica Geniale ci ha presentato anche, per la prima volta, l’occhio di un nuovo regista, Daniele Luchetti. Raccogliendo il testimone del magnifico lavoro di Saverio Costanzo (che rimane tra gli autori), Luchetti ha mostrato un’anima sicuramente ‘terrena’, sanguigna e quasi ‘dark’, con le ambientazioni cupe del Salumificio Soccavo, i cieli uggiosi che rifletto il malessere di Lila e, infine, l’anima nera degli scontri tra fascist1 e comunist1 davanti alle fabbriche.
C’è tanto spazio all’introspezione, non solo ai ragionamento ad alta voce (quella di Alba Rorhwacker) ma anche vere e proprie visioni, allucinazioni che ben ci restituiscono lo stato ‘alterato’ dei pensieri prima di Lenù (la tensione di quando indossa l’anello per la prima volta è drammatica, asfissiante) e poi di Lila, con il suo attacco di voci nella testa, incubi e tormenti.
Tutt’intorno, ritroviamo il Rione che avevamo imparato a conoscere, e lo guardiamo con lo stesso occhio delle due protagoniste che l’hanno lasciato: è piccolo, angusto, ristretto, pronto a giudicare. La vita si svolge oltre, si svolge in strada, si svolge nei comizi universitari, nelle cene tra amici, nelle riunioni improvvisate di partito. Una delle nostre scene preferite, infatti, è quella del monologo di Lila, così stridente e vero, lontano dalla retorica, concreto, tremendo.
Non va trascurato, inoltre, l’importanza e l’accuratezza con cui viene raccontata non solo l’anima tumultuosa delle lotte di classe, ma anche la posizione delle donne, una lotta nelle lotte. Infine, il vero collante della storia, quel filo sottile che tira in silenzio le due protagoniste dalle due vite solo in apparenza lontane: se ci avete fatto caso, l’ultima, commovente, scena del secondo episodio, si è chiuso con una tenda tirata a coprire l’obiettivo, come una specie di sipario teatrale: ecco, questo è uno dei dettagli che ci è piaciuto davvero tanto!
E a voi? Cos’ha colpito? O, al contrario, cosa non vi convince?