“Io sono dell’idea che prima di essere lanciati, bisognerebbe essere artisti”: con queste parole Mogol mette subito in chiaro cosa pensa della musica pop di oggi. L’autore, che nella sua carriera ha formato un binomio mai eguagliato con Lucio Battisti e firmato brani per Mina, Adriano Celentano e Riccardo Cocciante, parteciperà il 4 ottobre 2019 al “Concerto per la vita” di Assisi. In occasione di questo evento benefico, Giulio Rapetti si è lasciato andare ad alcune dichiarazioni che faranno discutere.
Mogol X-Factor, sono scintille
Intervistato dall’Huffington Post, Mogol confessa di non amare i talent show come X-Factor. “Sono spettacoli, non sono scuole – dice –. Quando vorranno diventare scuole, dovranno cambiare”.
Programmi come quello di Sky hanno grosse carenze. “Mancano nella didattica – spiega –, nella preparazione. Mancano in tutto. Non ambiscono a essere scuole, ma momenti di spettacolo. E come tali funzionano. Almeno secondo la risposta del pubblico”.
Figlio di un impiegato della casa discografica Ricordi, Mogol è scettico nei confronti del panorama musicale italiano odierno.
“La tecnologia – ammette – è una soluzione ma anche un problema. Oggi i ragazzini scrivono musica per ragazzini, usano parole moderne, alleggeriscono i contenuti. Questo è un bene per la nicchia di ragazzini che ascoltano, ma è rischioso per la cultura popolare”.
Mogol oggi: “Le mie canzoni le suonano e le ascoltano ancora”
Il pop, per come l’abbiamo conosciuto nelle canzoni che lui ha scritto, è un metro per capire lo spirito profondo del nostro Paese. Come accade al Festival di Sanremo.
“Dal livello della cultura popolare – conclude Mogol – dipende il livello della gente. Da sempre è così. Quando vado in giro, le mie canzoni le suonano e le ascoltano ancora. Non so se sarà così anche per quelle in classifica oggi. La gente ha bisogno di canzone belle”.
E voi cosa ne pensate di queste considerazioni?
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