Hammamet non è solo il film che Gianni Amelio ha sempre voluto girare sugli ultimi anni di Bettino Craxi, ma è anche il film su un rimosso collettivo che abbiamo la necessità di vedere. E naturalmente ha pochissimo a che fare con un biopic classico o con una accurata ricostruzione d’epoca. L’unico modo per raccontare la storia del Presidente socialista, il segretario del Psi che dominò la vita politica italiana degli anni ’80, è immergersi nella sua fantasia e lasciare che il confine tra realtà e immaginazione diventi sempre più labile. Questo però non toglie nulla al fattore verità di Hammamet.
Hammamet, Favino diventa Craxi
“Ero con i produttori del mio film precedente, La tenerezza – spiega il regista raccontando la genesi del progetto – quando Agostino Saccà mi ha detto che voleva fare un film sulla morte misteriosa e la vita dispendiosa di Cavour, sul rapporto interessante con la figlia. Perché scomodarlo quando potremmo parlare di Craxi e di sua figlia, ho pensato io. Loro mi hanno preso sul serio, ma io l’avevo detto quasi per liberarmi di Cavour!” “Con tutto il trucco necessario – aggiunge il protagonista Pierfrancesco Favino –, io la figlia di Cavour proprio non la faccio!”
Sceneggiato da Amelio con Alberto Taraglio, Hammamet va drittissimo sui tormenti che hanno accompagnato l’ultima fase dell’ex Presidente del Consiglio, travolto dalle inchieste giudiziarie e ritiratosi, ormai malato, in Tunisia. Al suo fianco ci sono la moglie (Silvia Cohen), la figlia Anita (Livia Rossi), il figlio (Alberto Paradossi), il nipote e Fausto (Luca Filippi), figlio del defunto compagno di partito Vincenzo (Giuseppe Cederna) e “fantasma” che con la sua videocamera ne pedina l’inquietudine.
“Il figlio di Vittorio – chiarisce Amelio –, che ha messo sul chi vive il Presidente, è come il figlio di Colpire al cuore: è qualcuno che vuole chiarezza e crede di poterla avere da un padre putativo o da quello che ritiene essere l’uomo dal quale tutto è nato. Fausto (il nome è lo stesso dell’attore che ha fatto Colpire al cuore) fa nascere il conflitto: quando si trova dinanzi al Presidente è quasi un duello, davanti ad un’area senza faccia, un carrarmato”.
Hammamet arriva nelle sale nel ventennale della morte del leader socialista. “Non considero Craxi una star – dice Amelio – ma un politico sul quale è calato un silenzio assordante e ingiusto. Ho voluto fare un film sul Craxi della fine del secolo scorso, sulla lunga agonia di un uomo di potere che ha perso questo potere e che va verso la morte. Il passato ritorna, come nel film Le catene della colpa: il passato del Presidente ritorna anche sulle colline di Hammamet, dove coltiva rancori, rimpianti, rimorsi, desideri, macerato fino all’autodistruzione. Chissà se qualcuno l’avesse operato in Italia…”
Il Presidente torna bambino, litiga col cibo, la malattia, il passato, incontra un collega democristiano (Renato Carpentieri), l’amante (Claudia Gerini), infine il padre (Omero Antonutti) in una sequenza vibrante e suggestiva. “Il Presidente – racconta Amelio – non è né un latitante né un esule: di Craxi si sapeva tutto, persino il numero di telefono. I giudici non sono andati da lui perché un processo in Tunisia sarebbe stato inutile e dannoso: ci si aspettava che da Hammamet si fosse presentato davanti ai giudici. Ma l’orgoglio perduto, la presunzione di essere nel giusto hanno fatto sì che facesse quella fine: voleva essere giudicato in parlamento, non in tribunale. Il film non dà delle risposte ma fa delle domande e vuole aprire un dibattito”.
All’epoca di Tangentopoli, tutti sapevano: nessuna generazione di politici è stata pulita. “Hammamet – tuona Amelio – non è un film contro Mani Pulite: il 4:3 virgoletta i discorsi del Presidente. Si racconta un’altra storia, l’agonia di Craxi con tutte le sue contraddizioni. Craxi può anche bestemmiare Dio ma io racconto una storia, non sono il personaggio, tengo conto degli umori e li rappresento, non li dimostro in un altro modo: il conflitto viene fuori perfettamente dal film”.
Ma più della parte politica e personale, rimane negli occhi (e nelle orecchie) l’assoluta originalità dell’operazione e la strepitosa performance di Pierfrancesco Favino. “Che Dio – esclama Amelio – benedica Favino! Senza di lui il film non sarebbe mai nato: sfido chiunque a trovare un altro attore non solo in Italia capace di interpretare il personaggio del Presidente. Ci siamo serviti del trucco ma l’abbiamo superato: quando vedo Pierfrancesco nel film vedo l’attore e non il trucco”.
Hammamet, film al cinema dal 9 gennaio
Cinque ore e mezza al giorno: questa la durata quotidiana del make-up della squadra del designer Andrea Leanza. “Il trucco – spiega Favino – è la chiave attraverso la quale ci si può dimenticare del trucco. Nelle cinque ore e mezza quotidiane si era arrivati a un rituale: quello delle sopracciglia. In quel momento si apriva una porta verso l’oblio, è nata lì la maschera che mi ha permesso di toccare qualcosa di molto più intimo. Io conoscevo il Craxi politico e la vicenda giudiziaria, non l’uomo e il suo privato. È stato quello l’oggetto del mio lavoro: ho voluto soltanto comprendere il suo punto di vista”.
Con mano sicura e personalissimo tocco d’autore, Gianni Amelio ha messo in scena un biopic politico complesso e avvincente come non se n’erano mai visti. In sala con 01 Distribution, Hammamet è al cinema dal 9 gennaio, proprio mentre Tolo Tolo batte ogni record d’incasso. C’è da augurarsi che non sia un’altra occasione persa per aprire una riflessione su Craxi e ciò che ha rappresentato.
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