Il 19 luglio di 31 anni fa, 57 giorni dopo la morte di Giovanni Falcone, la mafia (e non solo) uccise Paolo Borsellino e i suoi agenti della scorta: Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli. In occasione dell’anniversario della strage di via d’Amelio, martedì 18 luglio Canale 5 manda in onda in prima serata la miniserie Paolo Borsellino con Giorgio Tirabassi, riproposta in una versione ridotta di tre ore.
Paolo Borsellino, morte 31 anni fa: il ricordo di Canale 5
Oltre a celebrare l’importante lavoro fatto dal pool antimafia, il film tv diretto nel 2004 da Gianluca M. Tavanelli ripercorre gli anni che vanno dal 1980 al 1992 in cui Falcone (a interpretarlo è il compianto Ennio Fantastichini) e Borsellino lavorarono sotto la guida di Rocco Chinnici (Andrea Tidona) per cercare di sconfiggere Cosa nostra. Tirabassi è spesso ricordato per la sua interpretazione mimetica nei panni del magistrato palermitano considerato uno degli uomini più importanti della lotta alla mafia in Italia e nel mondo.
In un’intervista concessa a La voce di New York, l’attore romano ricorda che quando gli proposero la parte di Borsellino aveva 40 anni e “anche un po’ paura della prova” perché il giudice era stato già interpretato da un mostro sacro come Giancarlo Giannini. Inizialmente Tirabassi rifiutò il ruolo, ma ad insistere fu il produttore Pietro Valsecchi. Fu allora che l’ex ispettore Ardenzi di Distretto di polizia cominciò a leggere gli scritti di Borsellino e a vedere i suoi filmati.
“Volevo capire quel mondo – racconta l’attore – e quando sono entrato nel mondo di Paolo Borsellino è stato come quando leggi un autore a 25-30 anni e c’è un momento della tua vita dove le parole che leggi ti lasciano un segno. Quando lui parla di coraggio, quando dice che aveva paura, che è una cosa dell’uomo, che è giusto che ci sia, e che vicino ad essa bisogna accostare il proprio coraggio altrimenti vince la paura. Ecco quella è la cosa che va fatta, altrimenti vince sempre la paura, che è un aspetto naturale dell’uomo, ma è proprio per questo che l’uomo deve essere educato a vivere al meglio”.
“Alla fine – ricorda Tirabassi – mi sono detto: ma se lui parla di coraggio da mettere vicino alla paura, proprio lui che sapeva di essere il bersaglio della mafia, forse per me che faccio una prova d’attore sarà molto meno importante, male che va non si fa male nessuno, mi faccio male io e la produzione. E quindi mi sono deciso ma è stata dura perché ero insicuro, avevo paura”.
Paolo Borsellino, film con Giorgio Tirabassi esperienza unica
Gli sceneggiatori Giancarlo De Cataldo, Leonardo Fasoli e Mimmo Rafele sono riusciti ad entrare nel mondo familiare di Borsellino adattando la biografia che Umberto Lucentini ha dedicato al magistrato, pubblicata da Edizioni San Paolo. Tirabassi rivela che sul set c’era una concentrazione enorme. “Abbiamo girato sempre con il groppo in gola – spiega l’attore –. Con l’attrice che interpretava mia moglie Agnese, Daniela Giordano, stavamo sempre con gli occhi lucidi anche alle prove. Spesso le dicevo: ‘Aspetta un attimo altrimenti cominciamo a piangere e non ci riprendiamo più’, perché dietro a ogni scena sapevamo già quale fosse l’epilogo. Anche nei sottointesi, nelle cose non dette, nel rapporto tra Paolo e Agnese, e quindi c’è stata una stranissima sensazione che ci ha accompagnato per tutto il film. Devo dire che secondo me Paolo lì ci mise una mano in testa perché obiettivamente c’erano sensazioni strane”.
Ad aiutare Tirabassi e il resto del cast sono stati Rita e Agnese, la sorella e la moglie di Borsellino, e i tre figli del giudice: Lucia, Manfredi e Fiamma. Ad interpretarli nel film sono Giulia Michelini, Elio Germano e Veronica D’Agostino. La famiglia è stata sempre sul set. L’attore ricorda in particolare un episodio curioso capitato con Lucia Borsellino, la figlia maggiore di Paolo e Agnese. “Dicevano che parlasse poco, solitamente non parlava con nessuno. Era chiusa con tutto l’esterno – confida Tirabassi –. Non ricordo di preciso se fosse un pranzo o una cena a casa o da qualche altra parte. Io non sapevo niente di questa cosa di Lucia. Andai a cena con loro tranquillamente e parlai con lei. Vedevo però che gli altri si guardavano tra loro e io non capivo il motivo. Poi compresi il perché. In pratica lei si era messa a parlare con me dopo un periodo lungo in cui non aveva parlato con nessuno. È stato un momento strano, perché comunque quando stavo lì con loro mi sentivo parte della famiglia. Come se fossero dei miei parenti. Io non credo a cose come i fantasmi e i transfert. Sono molto razionale, ma ho un ricordo bellissimo che è particolare e davvero insolito”.