La rivelazione di Cochi e Renato: “Nebbia in Valpadana fu pesantemente censurato dalla Rai”

Cochi Ponzoni racconta che il loro ritorno in televisione "è stata una serie nostra al 70%: ci hanno massacrato"

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Una censura “micidiale”: è quella subita in Rai da Cochi e Renato per Nebbia in Valpadana, la serie tv del 2000 che ha segnato il ritorno sul piccolo schermo della coppia comica più amata di sempre. Strano ma vero: non si tratta di un episodio della Rai delle origini, quando i funzionari non capivano il loro umorismo surreale e stralunato, ma di fatti risalenti a poco più di vent’anni fa. Lui è paggio di me!

Nebbia in Valpadana, serie tv di Cochi e Renato difficile in Rai

Diretta da Felice Farina, Nebbia in Valpadana è un giallo comico in cui Cochi e Renato sono due strani detective alle prese con una serie di casi di cronaca che avvengono nella cittadina del bergamasco dove sono nati. Oggi recuperabile in streaming gratuito su RaiPlay, la fiction è andata in onda in prima serata dal 9 gennaio al 13 febbraio 2000: un periodo complicato politicamente.

Agli inizi del 2000 c’è un vuoto di potere: fino a dicembre 1999 è in carica il governo D’Alema, prima delle dimissioni e del rimpasto che porta al governo Amato. Il presidente della Rai è Roberto Zaccaria, l’amministratore delegato Fabrizio Salini e il direttore generale Pier Luigi Celli. 

Rai1 è diretta da Agostino Saccà, già al vertice di Rai2, futuro direttore generale, direttore di Rai Fiction e produttore con Pepito Produzioni. Di lì a poco Saccà finirà al centro di diverse controversie come la chiusura del programma Il Fatto di Enzo Biagi e le intercettazioni delle sue telefonate con Silvio Berlusconi, allora capo dell’opposizione e di cui si dimostra appassionato sostenitore.

Cochi e Renato censurati per Nebbia in Valpadana

“Abbiamo dovuto lottare con una censura micidiale”, rivela Cochi Ponzoni al podcast Tintoria di Daniele Tinti e Stefano Rapone: “Nella prima puntata Renato andava a far la spesa in un supermercato, parcheggiava la macchina, usciva con le borse, apriva il bagagliaio e trovava un neonato. Questa cosa qui ci è stata proibita, non abbiamo potuto farla perché i neonati all’epoca non si potevano nemmeno nominare”.

In fase di scrittura furono numerosi i bastoni tra le ruote messi ai due comici e al loro collaboratore Vinicio Canton. Cochi ricorda tutte le difficoltà vissute con i vertici del servizio pubblico: “Abbiamo dovuto ogni giorno rifare la sceneggiatura che avevamo già preparato per seguire le indicazioni che ci venivano da Roma. Ci hanno massacrato. Quella serie è stata nostra al 70%. Volevamo fare altre cose”.

Anche nel casting la Rai ha condizionato Cochi e Renato “a fare delle scelte che non erano quelle che noi volevamo”: “Doveva esserci un personaggio, che non si capiva se fosse la figlia mia o di Renato, che doveva essere obesa. Invece ci hanno costretto a prendere un’attrice un po’ grassoccia, molto carina (Valeria Morosini, ndr), che però non era la stessa cosa”. “C’è una cultura oscurantista nell’aria”, conclude amareggiato Ponzoni: “Tutti vorrebbero che si facessero le cose precise, chiare. Ma la vita non è fatta di cose precise e chiare: è fatta di un casino totale. E chi rappresenta il casino totale ha grosse difficoltà”.