Franco Nero, uno degli attori italiani più prolifici e più amati all’estero, compie 80 anni. Di questi ottanta, 60 li ha trascorsi su un set. Nato il 23 novembre 1941 a San Prospero Parmense, Francesco Clemente Giuseppe Sparanero (questo il suo vero nome) ha festeggiato un compleanno speciale. Parma, la sua città, l’ha omaggiato con il Sigillo del Comune nell’ambito del Parma Film Festival – Invenzioni dal vero.
Franco Nero oggi: 80 anni per Django
“Qui ci sono il cibo migliore e la gente più elegante”, racconta lui in un’intervista concessa a Rolling Stone, nel corso della quale ripercorre la sua lunga carriera. Gli inizi a Salsomaggiore con i fratelli Bazzoni e Vittorio Storaro e a Roma come aiuto di un fotografo in via Margutta, il successo con gli spaghetti western, l’esperienza negli Stati Uniti sotto contratto con Jack Warner.
Nel recente documentario Django & Django che Steve Della Casa e Luca Rea hanno dedicato a Sergio Corbucci, quello che Quentin Tarantino definisce “il secondo miglior regista di western italiani” (dopo Sergio Leone ovviamente), Franco Nero è mattatore assoluto. Di Tarantino sente parlare per la prima volta nel 1997 e a fargli il suo nome è Penélope Cruz: stanno girando insieme La voce degli angeli in Spagna. Anni dopo, quando Tarantino viene a Roma per presentare Bastardi senza gloria, il regista Enzo Castellari fa da tramite e i due si ritrovano a pranzo Dal Bolognese, a Piazza del Popolo.
“Quentin mi ha abbracciato in un modo incredibile – ricorda l’attore – e mi ha raccontato tutta la sua storia: ‘A 14 anni lavoravo in un negozio di video e ho iniziato a conoscere i tuoi film: li ho voluti vedere tutti, ma non solo quelli che andavano forte in America, proprio tutti. Li cercavo negli altri Paesi’. Ha cominciato a recitare le battute dei miei film, a canticchiare le musiche. Una cosa impressionante”.
Franco Nero e Vanessa Redgrave: un amore nato “per caso”
Non può mancare un riferimento alla lunga storia d’amore con Vanessa Redgrave. Nero torna a quando scattò la scintilla. “Lei passeggiava sempre nel viale della Warner con il dottor Benjamin Spock, che era un pediatra famosissimo per aver scritto libri sui bambini – rivela l’attore –. Mi chiede se posso accompagnarli all’aeroporto perché lui doveva partire per Washington. Rimaniamo lei ed io: ‘Ma domani tu lavori?’. ‘No’. ‘Nemmeno io, ma perché non andiamo da qualche parte?’. Guardiamo i voli, il primo era per San Francisco. Partiamo, affittiamo una macchina e passiamo un’intera notte in giro per San Francisco in auto. All’alba prendiamo un motel, uno di quelli proprio cheap, e dormiamo lì. Così è nato tutto”.
Oggi, a sessant’anni dall’esordio in Pelle viva di Giuseppe Fina, Franco Nero vanta 239 film all’attivo e il numero 240 in arrivo. Si chiamerà L’uomo che disegnò Dio e nel cast ci sarà Kevin Spacey, tornato a recitare dopo le accuse di molestie perché “l’arte non può essere cancellata”.
Franco Nero, da Django Unchained ai tanti rifiuti alla televisione
Nero ha rinunciato a tante offerte nel corso della sua carriera. Persino a Lo chiamavano Trinità: glielo aveva proposto il regista Enzo Barboni, che era stato il direttore della fotografia di Django. “Ma io avevo altri programmi – ricorda l’attore –, dovevo andare in America e ho cercato un po’ defilarmi. Lui poi ha fatto questi film con lo pseudonimo di E.B. Clutcher”.
Negli anni ’80 e ’90, invece, ha detto no a parecchia televisione. Il motivo? A parte qualche eccezione, ha sempre preferito il cinema. “Il cinema italiano mi ha dato molto negli anni ’60 e ’70 – ammette Nero –, ho lavorato con i più grandi registi italiani: da Elio Petri a Damiano Damiani, da Marco Bellocchio a Pasquale Squitieri, quando c’era il vero cinema e non c’era tanta tv. Non ho voluto fare La piovra e Il maresciallo Rocca, di cose televisive ne ho rifiutate davvero tante perché mi piace il grande schermo. Al cinema uno decide di andare a vedere un film, con la sala buia. A casa con la televisione non ci si concentra, danno questi titoli mentre la gente mangia, parla al telefono, lava i piatti, va da un canale all’altro, si addormenta… non c’è rispetto per il lavoro fatto”.