Il problema dei Jova Beach Party e la risposta infuriata di Jovanotti

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jova beach party

Avrete sicuramente sentito parlare, tra un matrimonio vip ed una nuova uscita cinematografica, della polemica che si è abbattuta sui Jova Beach Party, accusati da molte associazioni e utenti di ‘greenwashing’, ovvero di predicare bene, a favore dell’ambiente, ma di ‘razzolare male’, creando danni alle spiagge e agli ecosistemi delle tappe del tour di Jovanotti.

La spiegazione di Jovanotti dopo le polemiche sul Jova Beach Party

Dopo questo rincorrersi di voci, è venuta fuori anche una notizia di un presunto gruppo di ‘lavoratori a nero’ delle quattro ditte coinvolte nei concerti del cantante, che a quel punto ha deciso di intervenire con una lunga diretta Instagram in cui non ha lasciato nessun dubbio inascoltato: “Sappiamo come funzionano certe notizie: un’agenzia che esce alle 19 è fatta apposta per non dare il tempo di replicare, è un modo per provare a farti male, una tecnica collaudatissima che si utilizza perché poi, il giorno dopo, quando i giornali sono usciti, la replica è una notizia data due volte. Per me il lavoro nero è una piaga enorme, una cosa molto seria, dal punto di vista personale del rispetto alle leggi, e ho sempre lavorato con persone che la pensassero come me“.

Insieme a lui, infatti, nel video a difesa dei Jova Beach Party, c’è Maurizio Salvadori della Trident, la società che è al suo fianco dall’88 per l’organizzazione dei tour di Lorenzo: “Lavoro con la Trident e Salvadori dal 1988, e da allora abbiamo fatto tournée grandi e piccole, discoteche, locali, bar, stadi e non abbiamo mai avuto una contestazione sul piano della legge del lavoro. Ma so che siamo nell’occhio del ciclone: il Jova Beach porta grandi eventi in piccole realtà mettendo in moto il livore locale e micro vendette in qualche modo politiche“.

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Anche lo stesso Salvadori ci tiene a precisare che: “Collaboriamo con 20 società che offrono servizi, dall’audio al palco, al facchinaggio che oggi è difficile da trovare, perché dopo 3 anni di Covid metà facchini specializzati hanno cambiato lavoro e oggi per trovare i 700 facchini che ci servono dobbiamo farli arrivare anche da 200-300 km con i pullmann e da sei, sette, otto società diverse che noi conosciamo, che lavorano nell’abito della musica da anni se non da decenni, ed è impensabile che facciano lavorare in nero. Si tratta di un’accusa veramente pesante, per chi cerca di lavorare sempre al meglio: non esiste lavoro nero al Jova Beach Party, può esistere qualche infrazione formale. Ci hanno dato 1400 euro di multa perché non avevamo transennato l’area del cantiere, in una parte mancava il nastro bianco e rosso, probabilmente si era strappato, e pagheremo

Infine, rispetto alla tematica ambientale, e alle accuse che in molti gli hanno mosso, ovvero quelle di devastazione e alterazione delle grandi spiagge che fungono da tappa per i mega concerti, il cantante risponde con un certo impeto: “Il Jova Beach Party non mette un pericolo nessun ecosistema, non devastiamo niente, le spiagge non solo le ripuliamo, ma le portiamo a un livello migliore di come le troviamo. Il Jova Beach non è un progetto ‘greenwash’, parola che mi fa ca*are così come mi fa schifo chi la pronuncia, perché è una parola finta, è un hashtag e gli hashtag sapete dove dovete metterveli. Il Jova Beach Party è un lavoro fatto bene: se pensate che non sia fatto bene venite a verificare, venite qua. Non diffondete fuffa. Il mio pubblico è fantastico, ha una coscienza alta rispetto all’ambiente. Se voi, econazisti che non siete altro, volete continuare ad attrarre l’attenzione utilizzando la nostra forza, sono fatti vostri. Il nostro è un progetto fatto bene che tiene conto dell’ambiente, parla di obiettivi di sostenibilità e realizza quelli che è in grado di realizzare con gli strumenti messi a disposizione dalle leggi, dal buon senso, dalla volontà”