Tutto può succedere, la Rai condannata per una battuta sulla birra

La Rai sarà costretta a pagare 3mila euro di risarcimento per un'uscita sulla birra artigianale pronunciata in una scena della fiction di Rai1

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Pietro Sermonti e Alessandro Tiberi in una scena della fiction Tutto può succedere
Pietro Sermonti e Alessandro Tiberi in Tutto può succedere (foto: Ufficio stampa Rai)

Tutto può succedere si è ormai conclusa da tempo ma Unionbirrai, l’associazione che rappresenta il comparto birrario artigianale italiano, non ha mai dimenticato la puntata andata in onda l’1 giugno 2017. Durante quell’episodio della fiction di Rai1, con oltre 3 milioni di spettatori sintonizzati davanti alla tv, i fratelli Alessandro e Carlo Ferraro (Pietro Sermonti e Alessandro Tiberi) si scambiavano una battuta che mandava i birrai italiani su tutte le furie.

Tutto può succedere, Rai risarcirà l’Unionbirrai

Alessandro è un commerciante di bibite e davanti al bancone del bar discute col fratello di birre. Invita Carlo ad assaggiare una chiara e lui gli risponde senza mezzi termini, bollando la birra artigianale con un sonoro “fa schifo” e dicendo che “queste birre non valgono quello che costano”. Rivolgendosi al gestore del locale, Carlo aggiunge: “Prima c’aveva tutte birre normali, quelle che si trovano. Poi s’è buttato sulle birre artigianali. Vatte a fidà…”.

Un’uscita che non è piaciuta all’Unionbirrai, che aveva promesso un’azione legale nei confronti del servizio pubblico. Il risultato è arrivato nella giornata di martedì 25 giugno: la Rai dovrà pagare un risarcimento di 3mila euro, dovuto al procurato danno d’immagine a chi in Italia produce e commercializza birre artigianali, sottratte ai circuiti della grande distribuzione.

Pietro Sermonti e Alessandro Tiberi in una scena della fiction Tutto può succedere
Pietro Sermonti e Alessandro Tiberi in Tutto può succedere (foto: Ufficio stampa Rai)

Birra artigianale fa schifo: Rai condannata

È stato il magistrato Larisa Marchioretto, giudice di pace del tribunale di Milano, competente perché nel capoluogo lombardo ha sede Unionbirrai, a dare ragione all’associazione.

“Il Giudice – commenta Vittorio Ferraris, direttore di Unionbirrai – ha riconosciuto che la conversazione andata in onda era diffamatoria dell’onore e della reputazione di Unionbirrai e della birra artigianale in generale. Non è la prima volta che ci arrivano attacchi di questo genere, ma questa sentenza costituisce per noi un precedente significativo, molto più importante del risarcimento, che è assolutamente simbolico”.

Le 800 piccole aziende che fanno parte di Unionbirrai hanno già annunciato di voler utilizzare la cifra del risarcimento per la promozione della cultura della birra artigianale in Italia.