Lino Banfi a ruota libera: “Franco e Ciccio erano grandissimi, Paolo Villaggio un cialtrone”

In un'intervista al "Corriere", l'attore, 87 anni, ripercorre la sua lunga carriera e gli incontri decisivi

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Primi piani di Ciccio e Franco, Lino Banfi, Paolo Villaggio
Ciccio e Franco, Lino Banfi, Paolo Villaggio

Vita, film e ricordi di Lino Banfi in una bellissima intervista concessa dall’attore pugliese ad Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera. Il Nonno Libero della tv, 87 anni, ripercorre la sua lunga carriera, cominciata con l’avanspettacolo quando si chiamava ancora Pasquale Zagaria, e gli incontri decisivi, a partire da quello con Franco e Ciccio. È il 1964 e Banfi recita una piccola parte nella commedia I due evasi di Sing Sing di Lucio Fulci: sarà il primo di una lunga serie.

Lino Banfi oggi: vita e film, ricordi e incontri

Oggi Banfi definisce Franco e Ciccio “grandissimi”: “Ogni tanto litigavano e ognuno minacciava l’altro: ‘Ti lascio e mi metto con Lino Banfi!’. Una volta accadde davvero: nel 1979 a Ciccio venne un’ulcera e io partii al suo posto con Franco per l’America, c’erano anche Rosanna Fratello e Bobby Solo. Di notte mi svegliavo per andare a vedere il mio nome che lampeggiava sull’insegna del Madison Square Garden”.

Rapporto diverso con Paolo Villaggio, definito “un cialtrone”: “Giravamo I pompieri con Boldi e De Sica, lui diceva: ‘Offriamo la cena pure a quelli del tavolo vicino’, poi se ne andava. E dovevamo pagare noi, per lui e per i vicini. Però, a differenza di altri comici, non era geloso dei colleghi che facevano ridere”.

Il riferimento è alla scena cult di Fracchia la belva umana al ristorante Gli incivili, quando il suo commissario Auricchio viene accolto dallo stornello “E benvenuti a sti frocioni…” prima di rispondere per le rime con il celebre “Non sono frocione, non mi chiamo frì frì, sono commissario e ti faccio un culo così”: “Quella scena nel copione non c’era. Se lei guarda bene il film, nota che il suonatore cerca lo sguardo del regista e di Villaggio, per capire cosa fare. E loro gli dissero di continuare a suonare”.

Nel corso degli anni, Banfi ha lavorato con due icone della romanità. In primis, Aldo Fabrizi: “Eravamo vicini di casa, uscivamo a passeggio: ‘Accanto a me sembrerai magro come Alain Delon’. Pativa Sordi: Il marchese del Grillo avrebbe voluto farlo lui”.

Proprio con Alberto Sordi l’attore ha interpretato uno dei suoi ruoli migliori. Era il direttore del carcere di Sagunto nel drammatico Detenuto in attesa di giudizio di Nanni Loy: “Dovevamo fare tardi per i primi piani e io avevo il compleanno di mia figlia Rosanna. Gli chiesi se potevo farli prima io. Alberto mi diede un buffetto affettuoso e mi disse: ‘Beato te, che c’hai una bella famiglia’. Andai al suo funerale, un ammiratore in lacrime mi disse: ‘Lino, ce saremo pure pe’ te’. Ma vaff…”.

Lino e Rosanna Banfi
Lino Banfi oggi con la figlia Rosanna

Lino Banfi: film di cui si pente è Regalo di Natale

La galleria dei ricordi di Banfi prosegue con Sophia Loren, fresca di inaugurazione a Bari di un ristorante con il suo nome, come la sua Orecchietteria Banfi a Roma: “Mi chiamò un mattino molto presto, per farmi i complimenti per una fiction sui bambini che l’aveva commossa. ‘Nuie simme ciucci ‘e fatica’, mi spiegò: dobbiamo lavorare sino all’ultimo respiro”.

Il nome di Lino Banfi è stato legato per anni alle icone femminili della commedia sexy degli anni Settanta, a partire da Nadia Cassini: “Me la fece ritrovare Chiambretti in una trasmissione, c’era anche Annamaria Rizzoli. Nadia era ingrassata, aveva bevuto, era una creatura splendida ma fragile”. Discorso differente per Edwige Fenech: “Sempre meravigliosa. Nata in Algeria in un paese che si chiama Bona, ora vive a Lis-bona. Cosa vuole di più?”.

Ripulito dalla fiction Un medico in famiglia, Banfi non rinnega le commedie scollacciate, anzi le rivendica con orgoglio. L’unico film che si pente di aver rifiutato è Regalo di Natale di Pupi Avati, dove avrebbe dovuto interpretare Franco, ruolo poi finito a Diego Abatantuono: “Ero stato travolto dal successo de L’allenatore nel pallone, tenevo il ritmo di tre film all’anno, stimavo Pupi Avati ma non volevo rinchiudermi nel suo circolo: Cavina, Haber, Delle Piane. Fu un errore. Ma sono contento di aver fatto la fortuna di Abatantuono”.

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