Dopo la promessa del neo ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano di mettere la crisi del cinema al centro del suo lavoro, partendo con un bonus da 3 o 4 euro per chi fa i biglietti del cinema con lo Spid, Nanni Moretti entra a gamba tesa sul periodo difficile che stanno attraverso le nostre sale. Ospite a Visioni italiane, il festival organizzato dalla Cineteca di Bologna, il regista è intervenuto – sia da autore che da esercente: il Sacher di Roma è suo – ad un incontro sul cinema italiano oggi e il futuro delle sale cinematografiche.
Nanni Moretti: film italiani? “Cast e storie sempre uguali”
L’emorragia di spettatori è enorme. A parte casi sporadici come La stranezza, partito forte al botteghino e arrivato ad incassare 2,2 milioni di euro in una settimana, l’industria cinematografica post-pandemia vive una crisi profonda. “È il clima intorno al cinema e in particolare intorno al cinema in sala che non c’è – ammette Moretti –. Tutti sono abbacchiati, lo spazio per le recensioni sempre più piccolo fino a scomparire, ci vorrebbe un clima che faccia capire che è una cosa bella e quelli che non vanno al cinema non sanno quello che si perdono. Questo abbacchiamento, avvilimento prende un po’ tutti: esercenti, distributori, spettatori, giornalisti”.
L’abbacchiamento a cui si riferisce il regista riguarda evidentemente anche i suoi ultimi film. Tre piani è stato un mezzo flop e rientra tra quei titoli spinti da uffici stampa e programmi televisivi soltanto perché pieni di volti riconoscibili del cinema italiano. Nel suo caso Margherita Buy, Riccardo Scamarcio e Alba Rohrwacher, insieme ai soliti noti Pierfrancesco Favino, Alessandro Borghi, Luca Marinelli, Elio Germano, Stefano Accorsi e pochi altri. Se a tutto questo si aggiunge un sistema di tax credit e sussidi pubblici che in Italia fa produrre tantissimi film (nel 2021 se ne contano 481) che nessuno vede o che non arrivano neanche in sala, la crisi è servita.
Cinema italiano in crisi: colpa solo delle piattaforme?
Moretti fa un’ammissione di colpa. Riconosce che la responsabilità di questa situazione stagnante è di “tanti film, anche d’autore, brutti che escono e che si aggiungono a molti titoli italiani commerciali che tali non sono, che cioè otto persone su dieci rifiutano anche perché con cast e storie sempre uguali”. Da esercente, tuttavia, ha perso meno delle altre sale: se la media nazionale attesta un calo degli spettatori intorno al 50%, il suo Sacher si è fermato al 20%. “Negli anni Ottanta quando dicevano che il cinema italiano era finito, ho iniziato a fare il produttore – racconta Moretti –. Nel 1990 quando si diceva che erano le sale a non avere un futuro, ho aperto il mio cinema. Ho sempre reagito rilanciando. Ora però non si può far finta di niente”.
La crisi del cinema in sala si è accelerata anche per la feroce concorrenza delle piattaforme di streaming, da Netflix e Amazon Prime Video a Disney+ e Apple TV. In Francia c’è una finestra di uscita tra le sale e le piattaforme (di 15 mesi) che ha (più o meno) salvato gli esercenti. Ma in Italia non c’è nulla di tutto ciò. “Il problema nasce già dalla Mostra di Venezia – conclude Moretti – che accetta i film prodotti dalle piattaforme. A Cannes non avviene perché le associazioni di categoria di produttori, esercenti, distributori in Francia sono più forti che da noi. Qui finisce che sono gli stessi produttori a convincere i registi a fare i film per le piattaforme”.
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