Dopo la bella e malinconica esibizione con Irama a Sanremo 2022 della sua celebre hit ‘La mia storia tra le dita’, abbiamo rivisto Gianluca Grignani a Le Iene con un monologo davvero molto significativo.
Non è la prima volta che questo spazio del celebre programma TV rivela performance e riflessioni di grande profondità e intimità. Abbiamo ascoltato le belle parole di Michela Giraud a Le Iene, ma anche quelle di esordio della neo-conduttrice Belen. Adesso è il turno di uno dei cantautori più amati e controversi della storia della musica nostrana, soprattutto a causa di alcuni episodi – come il live di Capodanno 2016 – di esibizioni canore imprecise e condizionate da un apparente eccesso di alcool.
Le parole di Gianluca Grignani a Le Iene: “Non date mai ad un poeta in mano una chitarra, vi racconterebbe quello che nasconde in fondo al fiume della tristezza“
“La bottiglia di vodka volteggia nella mia mano, lungo il soppalco della villa che si affaccia sulla collina dei vigneti – inizia a raccontare Gianluca Grignani a Le Iene – Indosso una vestaglia blu. La sostanza è nascosta sapientemente in bagno, ogni tanto la vado a visitare, per uccidere qualcosa che neanche io so cos’è. L’alcool non mi fa effetto, non mi calma. Sono solo. Lo spazio che separa il soppalco dal pavimento è come la caduta libera dalla cima dell’Everest fino in fondo alla fossa delle Marianne. La mia immaginazione srotola i pensieri in quest’ordine: padre, madre, figli, lavoro, amici. Mi sento cadere, ma il mio corpo è ancora lì, fermo immobile. Grido, la mia vita per un motivo. Aiuto. Questo è un episodio del mio passato. Mi sono messo a nudo, vi ho raccontato quello che mi sono lasciato alla spalle. Spero così di aver guadagnato la vostra fiducia, almeno in quanto a sincerità. Però vorrei dirvi quello che penso io del futuro. Fatemi partire da una massima che è da un po’ che tengo nel cassetto: “Non date mai ad un poeta in mano una chitarra, vi racconterebbe quello che nasconde in fondo al fiume della tristezza e il resto del mondo potrebbe scambiarlo per un grido di guerra”.
Sul finale, arriva il momento del riscatto, o meglio dell’ottimismo, di uno sguardo che via via si illumina, guardando avanti e non più indietro: “Poi c’è la generazione Z, che io ho ribattezzato V come vittoria. Quelli che identifico come la mano tesa. Vi ricordate il mio grido d’aiuto, la mia vita per un motivo? Ecco, loro hanno teso la mano. Quelli che non hanno mai avuto bisogno dei libri, perché hanno sempre avuto un computer. Quelli che per loro è normale che un telefono faccia tutto tranne il caffè, o quasi.Loro che vengono indicati come la generazione dispersa, quella che non ha radici. Invece è la prima generazione che non è stata educata al motto ‘Mors tua, vita mea’. Loro non credono che tutto sia lecito, che vinca solo il più forte. È la generazione dell’inclusività, capace di rendere tutti uguali nelle differenze. La generazione del cambiamento, la mano del futuro. Da musicista voglio immaginare per loro e per noi un finale diverso di una canzone famosissima degli Eagles, Hotel California. Anziché restare incastrati in un futuro senza immaginazione, ci troveremo tutti liberi nel deserto, con l’orizzonte davanti e con un inferno di fuoco alle spalle. Ecco il mio augurio, un finale diverso e un nuovo miraggio, un nuovo Hotel California, Hotel California 2022.”
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